VERDENA

VerdenaIn occasione dell'uscita del nuovo album WoW abbiamo scambiato quattro parole con i disponibilissimi Verdena.
Un'occasione in più per ribadire il loro valore artistico e umano.

Dal tour di Requiem 2007 al Wow tour 2011 sono trascorsi quasi quattro anni. Cosa è cambiato in voi in questo lungo periodo lontano dai riflettori e con la nascita di un figlio per Alberto?
Sì ad Albi è nato un bel bambino e penso che questo abbia allargato la sua visione di diverse cose. Ha anche cambiato casa. A riflettori spenti abbiamo continuato comunque a coltivare la passione per la musica, a scrivere pezzi e cercare di trovare nuovi stimoli. Tutto questo ci viene meglio quando siamo lontani dal trambusto della vita del tour e della promozione.

Oltre al fatto di non aver mai sgomitato per poter essere considerati "alla moda" o "indie", a emergere con questo disco è il coraggio non indifferente dei 27 pezzi che vi siete messi sulle
spalle. Qual è stata la reazione della vostra casa discografica di fronte al progetto di un doppio album?

La casa discografica all'inizio voleva che condensassimo tutto in un unico disco. A noi paradossalmente un disco solo con 25 brani ci sembrava più pesante e l'ascolto molto più difficile e complicato. In un secondo momento quindi la discografica ha proposto di far uscire due dischi in due momenti diversi. Ma anche questa idea è stata scartata perchè l'idea non ci faceva impazzire visto che avrebbe tolto la continuità ad un lavoro che era stato concepito come un contenitore unico.
Alla fine abbiamo ottenuto di far uscire il doppio ad un prezzo contenuto. Al prezzo di un cd.

In Wow ci sono molti rimandi a Requiem, sia in termini di parole che di suoni. Cos'è questo nuovo disco? L'evoluzione di un percorso iniziato con il precedente album?
Penso che “WoW” sia diverso molto da “Requiem”. E' molto più aperto. Da un lato però è vero che sono due dischi strettamente legati da un qualcosa di inafferrabile. Con Requiem i Verdena sono 'rinati' e, in un certo senso, per noi, “WoW” è il nostro secondo disco.

Dall'ascolto del disco si percepisce il vostro modo particolare di scrivere: spesso vi appoggiate a parole senza senso che però hanno un suono perfetto, oppure vi muovete all'inverso utilizzando anche anagrammi. Loniterp è davvero l'anagramma di Interpol? Se si, perchè?
Loniterp è il contrario di Pretinol, che è un farmaco. Il titolo del pezzo durante le prime prove era Interpol perchè ci ricordava un pezzo degli Interpol.

Restando ancora un attimo sul piano dei rimandi, dentro questo lavorone c'è chi sente gracchiare come ai vecchi tempi i Nirvana, chi ascolta in pace coi sensi gli echi di Battisti/Mogol, chi invece gli Interpool, appunto, o i Black Sabbath, chi infine ritorna a psichedelie a voi familiari resuscitando Pink Floyd e Beatles. Dove siete dentro questo disco?
Viviamo nei Bealvins. Wilson, Mc Cartney, Flaming Lips, Residents, vicino ai boschi alla Thin Lizzy, acqua, psicopompi, luci basse. Televisione senza volume, documentari, fuori dalla realtà, a blackdoor grunge.

Con Wow il vostro sound si è fatto innegabilmente più maturo. Che logica avete seguito (sempre che lo abbiate stabilito coscientemente) nella scelta di dispiegare estro e sperimentazione in così tante tracce di breve durata rispetto al vostro trascorso discografico? Quale "urgenza" e che impeto creativo hanno guidato il vostro lavoro di composizione e arrangiamento?
Ci è venuto così di colpo. Era come se sentissimo l'esigenza di chiudere velocemente i pezzi. Alcune vecchie canzoni adesso ci sembrano durino troppo in alcuni passaggi. Volevamo 'pestare' senza incasinare il tutto.

In questi quasi quattro anni di digiuno e silenzio, come avete osservato lo scenario musicale italiano?
Abbiamo seguito qualcosa qua e là. Soprattutto lo scenario underground, che trovo abbastanza 'eccitato'. Anche a Bergamo, dove viviamo, trovo che la situazione sia molto bella.

E adesso che siete di nuovo nel mucchio, cosa vi sentite di dire a chi manovra dall'alto i fili della nostra macchina culturale, rendendo i giovani di oggi sempre più sfiduciati e stanchi di questo teatrino che è la "democrazia apparente" italiana?
Non saprei dire. Lo squilibrio è alto, troppo. I giovani sono stanchi di tutto. Io mi rifiuto di capirci qualcosa.


Intervista realizzata in collaborazione con Rubric.it

09/03/2011

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