Zu - Goodnight Civilization

altMentre in Italia da certe parti ci si indigna e ci si sdegna per la vittoria di una religiosa ad un talent di cui dopodomani non si ricorderà nessuno se non la colonna destra di Repubblica.it o qualche fesso su Facebook (le due cose non sono necessariamente collegate); e mentre sempre gli stessi si lamentano della mancanza di opportunità per i musicisti italiani di esprimersi e farsi notare e quant'altro, il nuovo EP degli Zu (gruppo per due terzi romano - quindi italiano per chi proprio non ci arrivasse) in Italia sta passando pressochè inosservato ad un mese abbondante dalla sua uscita.
 
Ora, gli Zu il loro successo pur di nicchia all'estero ce l'hanno, se lo sono guadagnato con un'infinità di dischi, collaborazioni e tour; tutto ciò suonando jazz misto a noise misto alle più alte forme di rumore che esistano al mondo. Un po' come i Torture Garden di Zorn però più quadrati e meno dispersivi. Non proprio l'ideale per sfondare i mercati discografici, però è tutto ciò che un gruppo rock (italiano?) chiede e reclama; il più delle volte senza fare molto altro a dirla tutta, se non buttar fuori prodotti poco professionali o peggio mediocri e senza un briciolo di (tappatevi il naso) originalità. Eppure.
 
Goodnight Civilization non permette approfondimenti ostentati o anche solo accennati, è un mini album di tre canzoni tra cui una cover dei Residents cantata da Barney Greenway dei Napalm Death. Il suono è quello che col precedente Carboniferous sembra aver preso piede nelle dinamiche del gruppo: sempre più virato verso lo sludge inteso come unione di "variante hardcore del doom" e non certo quello legato alle paludi, alle palafitte e ai pesci pescati con la dinamite.
 
Non c'è molto altro da dire, tre canzoni certo non bastano per gridare al miracolo e certo non bastano per capire anche solo vagamente la direzione che un gruppo simile prenderà in futuro, e ciò è bello. Dannatamente bello.
 


E-mail Stampa PDF