"Senza questo disco solista i Bathory non sarebbero mai più esistiti". (Quorthon, intervista nel 1997)
Il disco che fa capire davvero quanto tenesse alla scena metal e a tutto quello che ci girava intorno (risposta: zero). La musica viaggia su territori che sono quanto di più lontano si possa considerare dall'iconografia dei Bathory o dell'immagine stessa di Quorthon come artista.
Sbarazzatosi di demoni, vichinghi, e racconti di battaglie norrene rimane l'uomo con la chitarra e una decina (molto, troppo) abbondante di canzoni in bilico tra ballate acustiche e rock parecchio vicino al brit-pop di allora. Soprattutto rimane l'uomo che spogliato di ogni orpello rimane con la sua vera anima musicale.
Non è un disco impeccabile, qua come non mai si sente il bisogno di un vero produttore che diriga e indirizzi al meglio le idee evitando ripetizioni e tagli quando necessario; però rimane un album spiazzante, commovente (chi mai si sarebbe aspettato da lui una canzone d'amore dedicata alla figlia?) e soprattutto onesto e sincero. E proprio per questo merita un posto d'onore nella discografia.
Domenica 17 Agosto 2014 14:16
HRD