La carriera di Quorthon può essere divisa in due macro-momenti. La storia è fatta di cicli e ricicli diceva qualcuno: se negli anni ’80 si è passati dalla furia Black Metal dei primi tre dischi all’epicità di Hammerheart e Twilight of the Gods passando per Blood Fire Death, connubio perfetto delle due anime dei Bathory, per certi versi possiamo trovare un parallelismo negli anni ’90. Dopo Octagon e Requiem, dischi di thrash tiratissimo, Quorthon, torna a comporre materiale epico (per sua stessa ammissione a causa della forte insistenza dei fan). Non completamente però.
Ecco, Destroyer of worlds sta a Octagon e Requiem proprio come Blood Fire Death sta ai suoi predecessori. Ancora una volta forgiato sulle due anime parallele, violenza ed epicità, DOW alterna pezzi alla Hammerheart-Twilight, concentrati soprattutto nella prima metà del disco, a brani di brutalità pura. L’idea in sé è buona e le perle non mancano: Lake of Fire, la title track, Ode e Pestilence non sfigurerebbero su nessuno dei loro dischi del periodo epico. Anche quando Quorthon si mette a tritare tutto qualcosa di buono si trova: Bleeding, Death From Above.
Quali sono i problemi dunque? Solo un paio, ma belli grossi. Innanzitutto la produzione: se da un lato rende Destroyer of Worlds probabilmente il loro disco più cupo, dall’altro nei pezzi tirati non funziona, suoni molto slegati ma impastati allo stesso tempo. Secondo, la durata: decisamente troppi filler, tutti o quasi concentrati nella seconda, noiosissima parte. Peccato perché con dei piccoli accorgimenti questo disco sarebbe potuto diventare l’ennesimo cardine della discografia dei Bathory, dato anche il valore aggiunto di aver spianato la strada per i due capitoli conclusivi: gli spettacolari Nordland I e Nordland II.
Domenica 17 Agosto 2014 14:30
Manuel Marini